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Il nostro lato selvatico

Milano. Dopo A Natural Order e Frontcountry, le sue prime due monografie, Lucas Foglia ha da poco pubblicato Human Nature (ancora con Nazraeli Press, come le precedenti), sua terza opera. Ne fanno parte le immagini esposte fino al 16 dicembre nello spazio di MiCamera, che presenta così in Italia l’ultimo lavoro del fotografo americano, appena passato alla Michael Hoppen Gallery di Londra, e poi atteso al Foam di Amsterdam e al Museum of Contemporary Photography di Chicago.Nato nel 1983 e cresciuto in una fattoria di Long Island, a una cinquantina di chilometri da Manhattan, la sua visione è segnata da un intimo rapporto con la natura che è il primo orizzonte della sua esistenza, «coltivando il nostro cibo e praticando il baratto, racconta, la mia famiglia si sentiva protetta dai centri commerciali e dalle periferie intorno a noi. La foresta che circondava la fattoria era la terra selvaggia della mia infanzia».Dopo gli studi a Yale, dove è allievo di Gregory Crewdson, la sua sensibilità si nutre del lirismo di William Gedney, Emmet Gowin e Larry Towell, e intanto si radica nell’inquietudine dei libri di Cormac McCarthy e nel cinema allucinatorio di Terence Malick. Human Nature amplia in una dimensione globale la riflessione intorno al senso di appartenenza e al legame reciproco tra gli individui e il paesaggio entro il quale si muovono. L’indagine di Lucas Foglia si concentra sulla corrispondenza sempre più precaria tra l’uomo e il mondo naturale, mettendo a fuoco lo sfruttamento del pianeta, l’esaurirsi delle risorse, il cambiamento climatico, la ricerca di sistemi che contrastino la morte dell’ambiente, i programmi governativi per riavvicinarci alla natura come i tentativi delle neuroscienze di misurare i benefici del contatto con essa.Intanto ci ricorda che la wilderness nel senso di terra incontaminata non esiste più, e forse non resta che contare su quella che ci portiamo dentro, «Divertenti, tristi o sensuali, le sue fotografie illuminano il bisogno umano di connettersi al lato selvatico dentro di noi». L’obiettivo si sposta tra foreste, deserti, città, fattorie, ghiacciai, istituti di ricerca, oceani, ma ad aprire e chiudere la sequenza l’autore ha voluto due visioni del paradiso, due immersioni al tempo stesso pittoriche e rigorose, nell’abbraccio incondizionato della natura. chiara coronelli ...

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